Pietro Cataldi analizza il valore conoscitivo che in Dante acquista l’esperienza biografica dell’esilio. Questa catastrofe personale permette al poeta di guardare la realtà da un’ottica esterna. Gli consente così di distinguere con chiarezza non solo la catastrofe politica che travolge l’Italia, in preda alle lotte e ai particolarismi, ma anche la catastrofe morale della sua epoca, in cui trionfa la logica spietata del guadagno. La denuncia del male non porta ad un ripiegamento pessimistico, ma si ribalta nell’utopia di una palingenesi per il singolo individuo e per l’intera umanità.