Per capire, ed eventualmente ridiscutere, le direttive di canonizzazione del Novecento letterario italiano, occorre porre al centro del dibattito la mediazione esercitata dall’industria editoriale, quale perno storicamente caratterizzante degli attuali processi di trasmissione e selezione della memoria letteraria collettiva.
La moltiplicazione delle collane di classici e l’avvento dei tascabili (come Bur e Oscar) nel corso del Novecento dapprima infatti hanno agevolato l’ingresso degli autori già designati come “classici” nelle case di milioni di lettori, e poi hanno collaborato alla canonizzazione del Novecento, introducendo (senza dichiararli) nuovi criteri di selezione (come la leggibilità e la vendibilità) che hanno corroso l’egemonia del principio estetico, a lungo privilegiato dalla critica.
Se oggi i classici, grazie alla mediazione editoriale, sono finalmente patrimonio di tutti, questo implica, come inevitabile e ragionevole contropartita, che anche la moltitudine non titolatadei lettori può partecipare alla definizione di nuovi orizzonti di canonizzazione, e forse alla nascita di un nuovo modo di concepire il canone, i suoi paradigmi, la sua funzione sociale.